martedì 12 aprile 2011

Reporter Senza Frontiere, chi pontifica rivoluzioni digitali sogna

Reporter Senza Frontiere, rivoluzioni digitali ancora al palo, in Libia le pagine web dei ribelli sono gestite dalla Svizzera

Bella campagna curata dalla sezione spagnola di Reporter Senza Frontiere: i dittatori sono avvertiti, le nuove tecnologie della comunicazione stanno cambiando i rapporti tra governi e popolazione, l’informazione dal basso corrode i poteri. Ovunque. Almeno questo è quello che sperano i cosiddetti guru della rete, tranquilli signori che nella distensione delle loro camerette, mentre sorseggiano Tè Infrè, pontificano rivoluzioni digitali. La realtà è ben diversa però: in Iran durante le recenti rivolte i tweet provenivano quasi esclusivamente dall’occidente, in Tunisia i possessori di telefonini con l’applicazione Twitter sono più rari che le lacrime di San Gennaro e in Libia le pagine dei ribelli sono tuttora gestite da un volenteroso che vive in Svizzera. La portata rivoluzionari dei social network si esprime al massimo nell’organizzazione di qualche Flash mob e la logistica dei pullman per le manifestazioni. Tutto è ancora nei desideri piccoli borghesi ma molto “de sinistra” delle anime belle che frequentano i monologhi rumorosi delle bacheche di Facebook e Twitter; ma la domandina, -se non hanno i soldini per comprare il pane e pagare l’affitto come fanno a permettersi il twittare ogni dì?-, non appare mai nei loro cervellini freschi freschi dalla lettura di Wired. Le rivoluzioni si fanno con leader che riescono ad organizzare pezzi di popolazione. Leader che si sporcano le mani e non hanno paura di urlare al tiranno. Le rivoluzioni e le rivolte sono cose serie, è passione, forza e desiderio di cambiare la propria esistenza. Tutto il resto è conversazione da aperitivo progressista. E i progressisti non sono avvezzi alle rivoluzioni. g.f. reporter senza frontiere italia

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