mercoledì 8 settembre 2010

Costabile Carducci l'autopsia

Nella piazza di Acquafredda di Maratea davanti la chiesa fu realizzata l’autopsia del corpo di Costabile Carducci, eroe capaccese nei moti del 1848. Fu realizzata da un barbiere e da un macellaio. Poi un prete Daniele Faraco lo accolse nella chiesa e depose il suo corpo presso l’altare di San Biagio. Il 4 ottobre 1920 S. E. l’On. Nitti, accompagnato dall’on. Gioia e dal senatore Di Lorenzo, si recò ad Acquafredda per prendere possesso del villino acquistato dal signor Marsicano. E’ il luogo ove il prete Peluso da Sapri, filo borbonico, viveva nel periodo di ferie. All’epoca vi era una torretta che poi trasformata in villa , fu acquistata dal Nitti. In tale occasione Francesco Raeli, insegnante di Acquafredda e sostenitore dell’eroicità del Carducci, tenne un discorso accennando al Nostro. Affermava che Acquafredda presentava un territorio ricco di bellezze naturali, però anche un triste ricordo. Le spiagge “essendo state bagnate dal sangue d’un eccelso figlio d’Italia, del sangue di un glorioso martire, … del sangue del colonnello Carducci” “… una delle figure più splendide del ’48…barbaramente trucidato per opera d’un prete nefando Don Vincenzo Peluso da Sapri”. “Gridan vendetta, continuava il Raeli, queste rupi intrise di sangue innocente, onde ne rise Peluso infame”. Raeli definiva il territorio un lembo di Paradiso in terra, però in questo luogo si è realizzato il sacrificio cruento del patriota il cui spirito “parmi vederlo aleggiare a lei d’intorno in segno di esultanze e di gioia e parlare sentitamente al suo nobile cuore” (di Nitti). Il 4 luglio 1848 sbarcarono ad Acquafredda i detti “calabresi”. In realtà era Carducci con i suoi e fu aggredito dall’alto dei colli con fucilate. Con Costabile Carducci c’era anche Cìnnari di Maratea e non fu sufficiente per fare accogliere benevolmente i malcapitati.
La rivoluzione non si faceva con le parole, ma con il pensiero, con l’idealità e con la partecipazione a movimenti armati.
A Capaccio (SA) il paese ove era nato e viveva, Carducci aveva il seguito formato dal fratello Giovanni, dai Ricci, suoi parenti, da qualche amico (come Ragone, Desiderio) di sette o otto persone. Don Costabile non era l’ultimo nella società capaccese, gestiva la scafa sul fiume Sele della famiglia Doria, gestiva la locanda a Paestum, l’hotel Europa a Salerno con l’amico Ferrara, era giudice di pace ad Altavilla Silentina, impiegato all’ufficio delle imposte a Vallo della Lucania, imprenditore di strade e ponti.Oltre che da un punto di vista sociale, era di un buon livello anche economico, essendo capace di svolgere tante attività. In prime nozze aveva sposato una donna della famiglia Tanza, famiglia nobile del paese, celebrando il matrimonio in casa, cosa non da tu tti all’epoca. Quando la moglie Tanza morì, si risposò con Vittoria Del Re, sorella di un noto liberale Giuseppe. Entrò così in contatto con i napoletani liberali come Poerio, Troja, Dragonetti, Settembrini, Massari, Ricciardi, Mauro, Del Re e nello stesso tempo teneva rapporti con i liberali del salernitano Giovanni Avossa, Raffaele Conforti, Michele Pironti, Matteo Luciani e in particolare con i cilentani Filippo Patella di Agropoli, i fratelli Magnoni di Rutino, i fratelli De Angelis di Castellabate, Leonino Vinciprova di Celso, Ulisse De Dominicis di Ascea, i fratelli Angelo e Carlo Pavone di Torchiara. Ernesto e Valerio del Mercato di Laureana e Pietro Del Mercato fondatore della Giovane Italia a Salerno. Il 18 gennaio del 1848 da S. Antuono di Torchiara iniziò la rivoluzione. al grido di viva la Costituzione, viva l’Italia, Viva Pio IX. Il 29 gennai o fu annunziata la Costituzione. La sera del 30 Lahalle assediò Laurino ove vi era Vinciprova. Inoltrò una sanguinosa battaglia.
Gioacchino Pavone (zio di Carlo e Angelo Pavone) contemporaneo dei fatti dichiarava “Osservai una quantità di persone che si dirigeva verso la piazza di questo comune, armati alcuni di schioppo, altri da scure e altri di bastoni…” I rivoluzionari si preoccupavano di accordare la libertà ai detenuti e di disarmare la gendarmeria locale. Infatti, avevano bisogno di armi. Erano armati di schioppo, ma solo alcuni, mentre altri erano muniti di scure e bastoni. Le condizioni dei rivoluzionari erano non adeguate.
Carducci sborsava anche i soldi per armare i rivoluzionari e dar loro la possibilità di mangiare. Eppure erano coscienti, primo Don Costabile, di andare incontro all’esercito borbonico ben organizzato e intraprendere un combattimento e quindi poter avere anche la peggio.Immaginiamo per un istante lo stato d’animo dei rivoluzionari quando a notte inoltrata salutavano la moglie abbracciandola e i figli baciandoli nel sonno. Ebbene Carducci la notte del 17 gennaio abbracciò la moglie Vittoria e baciò le due figlie. (Giuseppina nomata come la madre nata il 21 febbraio 1829 che si fece suora nel monastero di Portanova a Salerno e morì nel 1907 nel convento di S. Michele Salerno e l’altra Annina nata il 30 settembre 1837 sposò Pasquale Bosco di Trentinara e morì il 30 marzo 1867 aveva una figlia che morì subito dopo la madre). Le azioni dei rivoltosi consistevano nell’occupare la sede comunale, liberare i carcerati e occupare la gendarmeria locale per utilizzare le armi che in pratica erano sempre poche. Perciò a Salento vi fu l’uccisione di Rosario Rizzo il quale non riuscì ad indicare chi avesse preso le armi depositate la sera precedente nella sua abitazione. Il 15 aprile furono indette le votazioni e Carducci fu eletto deputato appartenente all’area democratica e nominato comandante della guardia nazionale. Il 15 maggio si doveva giurare fedeltà alla costituzione. Vi furono contrasti col Re sulla formula di giuramento. Il re voleva giurare con una formula che riconosceva il re al di sopra della costituzione, mentre i deputati liberal

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